In difesa del metodo biopsicosociale
In difesa del modello biopsicosociale
In un recente articolo pubblicato nella rivista Lancet Psychiatry (luglio 2018), Linda Gask ha affrontato il problema dell’attualità del modello biopsicosiale. Più volte criticato e relegato ai margini dei possibili modelli che spiegano i meccanismi patogenetici dei disturbi mentali (Ghaemi 2009), l’autrice della University of Manchester pone le basi per riconsiderare e riscoprire l’utilità di tale modello.
Sono trascorsi circa 40 anni, afferma la Gask, da quando George Libman Engel, uno psichiatra statunitense dell’Università di Rochester di New York ha elaborato l’idea del modello biopsicosociale. Engel sosteneva che se la psichiatria avesse lo scopo di dare una spiegazione completamente scientifica e inclusiva di tutti i disturbi mentali, le speculazioni bioriduzionistiche dovrebbero essere superate da un modello che aderisce al modello della General System Theory (Teoria generale dei sistemi).
General System Theory di Bertalanffy
Questo modello è stato per la prima volta proposto dal biologo austrico Ludwig von Bertalanffy nel 1937 come un approccio scientifico per lo studio di tutti i sistemi organici e le loro componenti. Secondo tale teoria per lo studio e la ricerca dei diversi fenomeni in medicina è necessario analizzare non solo i singoli elementi, ma l’intera realtà che è il risultato dell’interazione di tutte le parti, di tutte le componenti del sistema.
Engel riteneva che i problemi di salute mentale come altri tipi di disturbi organici si manifestano nell’individuo come parte dell’intero sistema: sia con elementi fisici sottostanti (sistema nervoso), sia con elementi personali o sociali (ad es., relazioni interpersonali, famiglia, comunità e società). La descrizione dello psichiatra della natura dei disturbi mentali che fa riferimento solo agli elementi personali, rappresentativo dal modello biomedico, sarebbe etichettata non solo come riduzionistica nella sua spiegazione dell’esperienza umana, ma anche come disumanizzante.
Lo psichiatra irlandese Anthony Clare sosteneva che il vero modello medico non sia quello biomedico, ma quello biopsicosociale. Secondo Gask affermava che “….l’importanza di questo modello nell’investigare le cause dei problemi del paziente, nell’individuale l’eziologia e la sintesi di questi elementi in una formulazione diagnostica e terapeutica aiuta nell’apprezzare una delle cose essenziali della psichiatria: … avere la capacità, la conoscenza, la flessibilità dell’attitudine a muoversi tra le tre differenti lenti della biologia, della psicologia e delle scienze sociali … ed essere capaci”, continua “di condividere, negoziare e pianificare con il paziente quali di questi approcci siano ottimali per lui in quel dato periodo”.
I limiti del modello biospicosociale iniziarono pian piano ad emergere. Engel fallì nello spiegare come il modello lavorasse, sperando che queste spiegazioni sarebbe state scoperte e descritte successivamente. Nel suo libro The Rise and Fall of the Biopsychosocial Model, Nassir Ghaemi Professore della Psychiatry at Tufts University School of Medicine in Boston, considerò questo modello come “emerso dalle ceneri della psicoanalisi e scomparso tra le sabbie della neurobiologia”. Ricordava al lettore che il modello biopsicociale era nato nella comunità psicosomatica e che Engel “non aveva mai cercato di dimostrarne l’importanza per le malattie mentali”.
Lo psichiatra inglese Julian Leff criticando le conclusioni del libro, sosteneva invece che Ghaemi avesse dimostrato una scarsa conoscenza dello sviluppo della psichiatria sociale in Europa, interessata ad integrare le teorie e i metodi di lavoro e di ricerca della psicologia e della sociologia in psichiatria rispetto a quanto avvenisse negli USA.
Per David Pilgrim, della British Psychological Society, il decadimento del modello biopsicosociale è dovuto non alla sua utilità ma alla ristrettezza della sua prospettiva. Semplicemente Engel non aveva affrontato gli ampi aspetti dell’intero sistema, i limiti della diagnosi, i problemi della over-medicalizzazione e il peso politico ed economico della salute mentale. Pilgrim sostiene che Engel avesse dimenticato il ruolo avuto da Adolf Meyer del Johns Hopkins University di Baltimora nel Maryland, USA, che molti anni prima descriveva un modello psico-biologico e che voleva sempre capire “perché quel paziente presentasse quel problema in quel momento”. Pilgrim vedeva, infatti, il modello biopsicosociale come il risultato finale dei tentativi di Meyer.
Lo psicologo Peter Kinderman, mentre affermava che “il modello biopsicociale ha perso un po’ della sua lucentezza” proponeva che dovrebbe essere rinominato come modello psicologico, poiché il percorso comune finale dei disturbi mentali, indipendentemente dai fattori biologi e sociali, è la “rottura dei processi psicologici”.
David Goldberg e Ian Goodyer nel loro testo “Origins and course of common mental disorders” hanno descritto il modello biopsicosociale, fornendo una lucida descrizione del concetto di vulnerabilità alla depressione e all’ansia, la destabilizzazione e la restituzione nel corso della vita, e quali processi biologici, psicologici e sociali sono associati alla componente genetica e alle prime esperienze di vita.
Nell’incontro con il paziente il clinico deve iniziare a raccogliere tutti quegli elementi stressanti precoci, ambientali, tenendo conto del ruolo dei geni nell’incrementare la vulnerabilità alla malattia, in quanto la “parte” avuta dall’interazione tra geni e ambiente è cruciale.
“Il lavoro terapeutico”, insiste la Gask, “consiste nel cercare di conoscere la parte avuta dalla biologia nel mediare l’influenza degli eventi traumatici precoci, ad esempio nello sviluppo delle psicosi. Questo lavoro non significa che sia proposto un modello biologico, e che sia ignorato il fattore sociale. Alcuni dei legami specifici bio-psicologici nel modello biopsicosociale sono scoperti gradualmente”.
Concordando con l’autrice la cultura scientifica, clinica e sperimentale dalla psichiatria abbiamo bisogno ora di una rivoluzione teorica, fenomenologia, descrittiva, tendendo conto delle scarse risorse economiche e difficoltà organizzative. Riferendosi a Maj, è venuto il momento di superare le conflittualità e di eliminare le dottrine tra i vari gruppi di ricerca.
Verso la fine del suo articolo del 1980, Engel ci ricordava che il valore di un modello scientifico dovrebbe essere misurato non se è giusto o sbagliato, ma se esso sia utile. Engel contrastava il modello scientifico con il dogma, che resiste al cambiamento e tende a promuovere una opposizione dalle figure dissidenti rivali. Al tempo dell’articolo, il dogma era il cosiddetto dogma della medicina olistica, da cui aveva cercato di distinguersi con il suo modello biopsicosociale.
La Gask conclude il suo articolo ricordando che:
I clinici devono sempre ricordare che la parte avuta dai fattori biologici, sociali e psicologici per ciascun individuo può variare non solo tra gli episodi della malattia ma anche nel tempo e nelle circostanze. Ciò che può essere di aiuto in una occasione non lo può essere in altro momento. Dobbiamo costruire un progetto di cura intorno alle necessità e alle aspettative del paziente, non sulle preferenze teoriche del clinico”.
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“Nel 21° secolo noi viviamo in una società dove molte persone hanno patologie croniche come il diabete, l’artrite, e i disturbi cardiovascolari. Esse ricevono una eccellente cura ma a volte combattono con difficoltà sociali ed economiche, e i loro problemi di salute mentale tendono a non essere diagnosticati e non trattati… Ciò ci riporta comodamente indietro alla visione originale di Engel: il modello biopsicosociale è, e rimane, un modello per l’intero corpo medico, non solo per la psichiatria”.
Riferimenti bigliografici
Gask L. In defence of the biopsychosocial model. Lancet Psychiatry 2018 Jul;5(7):548-549.
Ghaemi N. The Rise and Fall of the Biopsychosocial Model: Reconciling Art and Science in Psychiatry. Johns Hopkins University Press; 1 edition, 2009
Goldberg D, Goodyer I. The Origins and Course of Common Mental Disorders. Routledge; New Ed edition, 2005
Kinderman P. The New Laws of Psychology. Robinson, 2014
Pilgrim D. Key Concepts in Mental Health. Sage Publications Ltd; Fourth edition, 2017